Tahiti - Polinesia

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    Se guardi bene dentro uno sguardo c’è molto di più di cio’ che un occhio puo’ vedere

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    Tahiti. La perla della Polinesia



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    Tahiti è la più grande isola nel gruppo della Isole del Vento della Polinesia Francese, situata nell'arcipelago delle Isole della Società nella parte meridionale dell'Oceano Pacifico.






    È il centro economico, culturale e politico della Polinesia Francese. L'isola è di origine vulcanica, alta e montuosa, circondata da barriere coralline. La popolazione è di 178.133 abitanti (censimento 2007), diventando così l'isola più popolosa della Polinesia Francese e rappresentando il 68,6% della popolazione totale del gruppo.


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    La capitale Papeete, si trova sulla costa nord-occidentale con l'unico aeroporto internazionale della regione, Aéroport international Tahiti Faa'a, situato 5 km fuori dal centro. Tahiti è stata originariamente colonizzata dai polinesiani tra il 300 e 800 d.C. Essi rappresentano circa il 70% della popolazione dell'isola con il resto composto da europei, cinesi e meticci. L'isola è stata proclamata Colonia francese nel 1880, anche se solo nel 1946 gli indigeni tahitiani sono stati resi cittadini francesi. Il francese è l'unica lingua ufficiale anche se la lingua tahitiana (Reo Tahiti) è ampiamente parlata.

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    Addirittura più comprensiva, conciliante verso la vera cultura autoctona, a dispetto delle grandi catene del pernottamento iperglobale. Una volta acquistato il biglietto aereo low cost (se prenotato online, con largo anticipo e fuori dai picchi di stagione può costare poco più di un migliaio di euro) la formula giusta per iniziare la vacanza è risolvibile in un motto: vivere alla polinesiana. Dimenticate i resort cinque stelle con piscine all’americana e ristorazione intercontinentale, ma tuffatevi piuttosto altrove. Ci sono piccoli camping e guesthouse in ottimo stato, con tanto di giardino tropicale (più noleggio di tavole da surf e biciclette) come il Taharuu Lodge, sorta di ostello tahitiano a meno di 50 euro.



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    Si possono affittare bungalow sulla spiaggia – ad esempio al piccolo Motu Marin, situato in un minuscola isoletta da Robinson Crusoe (con kayak gratuiti e un’illuminaione che sfrutta l’energia eolica e solare) - a circa 80 euro. Tutta l’isola è disseminata di piccoli lodge con pavimento in teak, incorniciati nel verde tra bacini di ninfee e fiori rossi di zenzero, ariosi ammezzati e sale da pranzo in stile polinesiano: a volte neppure troppo distanti dalle lagune, nè dalle incantevoli spiagge nere. In alcuni si cena nella casa della famiglia ospitante o si pesca con loro, giusto per avvicinare il viaggiatore alla popolazione locale.


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    C’è anche un’associazione chiamata «Haere Mai» (in polinesiano significa «Benvenuto da noi») e l’elenco dei piccoli resort e B&B si può richiedere negli uffici italiani di Tahiti Tourisme che segnala fra l’altro il Vanira Lodge, l’Hiti Moana Villa, le pensioni Reeva e Te Miti. Altra tappa irrinunciabile per una Tahiti low cost è il cibo sulle roulettes, come quella a pochi minuti a piedi dal locale Ufficio del Turismo di Place Vai’ete: praticamente un’istituzione, fornita di tavolini all’aperto che dipendono da un furgone con cucina interna e bancone ribaltabile, dove si può gustare un piatto di poisson cru (tonno crudo con latte di cocco) a meno di 10 euro. Una rapida cena fruibile magari dopo un’esibizione di gruppi di danza, nel vicino teatro: quella che si scatena (fra gare di giavellotto e corsa con tronchi d’albero) durante le feste dell’Heiva, un paio di volte l’anno, in luglio e a novembre.


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    Ma pure lo spostamento fra le isole si può fare a poco prezzo. Non solo in quelle vicine – Tahiti e Moorea (invece dello scenografico aereo da turismo) si può coprire con un’ora scarsa di traghetto veloce con l’Aremiti Ferry, circa 8 euro – ma tra le più lontane. Il fascino del cargo, del traghetto postale è quasi un must irrinunciabile per chi voglia gustare il sapore autentico della Polinesia: magari degustando nelle ore di
    lenta navigazione un classico del mar dei Tropici, da Turista di banane di Simenon a Pioggia di Somerset Maugham e l’immancabile Conrad.



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    Si può andare a Fakarawa, una delle più spettacolari fra le Isole Tuamotu, immergendosi fra i vasti cieli stellati e le spiagge di un bianco immacolato: nel 1930 vi aveva soggiornato il pittore Matisse, scrivendo che il blu intenso rappresentava per lui una sorta di «liberazione». Evitando l’aereo e scegliendo invece la rete di navi mercantili dai nomi esotici: Mareva Nui, Kura Ora, che sono in servizio fra Pape’ete e i diversi atolli.


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    Fra l’altro si può effettuare anche l’intero giro, con scali in tutte le isole: dura circa 15 giorni (prenotazioni agli uffici della zona portuale di Pape’ete) con costi che partono da circa 35 euro e aumentano con la distanza percorsa. Magari il confort può essere relativo (i cambiamenti di orario sono all’ordine del giorno), ma fascino e avventura si annunciano come un ingrediente assicurato.


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    Discorso a sè meritano i posti da vedere e anche qui si può essere vagamente più liberi. Tahiti è la porta d’ingresso della Polinesia francese, il trampolino di lancio per bellezze ancora più esaustive anche se travalicano lo stereotipo di sole, palme e mare tropicale. E non solo per l’esplorazione interna fra escursioni nei canyon e tuffi sotto le cascate d’acqua dolce (la Matu-Nui Excursion organizza due giorni di camminate, con pernottamenti in campeggio).


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    Più di un’occhiata – a parte la Cathédrale Notre-Dame che svetta sulla città, il Musée de la Perle e il variopinto Marché che si snoda fra bancarelle di frutta e classici cappelli di paglia - merita la dimora di James Norman Hall, coautore del libro sull’ammutinamento del Bounty.


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    E’ qui che fra stucchi coloniali e arredi d’epoca spuntano fotografie con Errol Flynn e Marlon Brando (nel ’33 e nel ‘62, cioè all’epoca dei due rispettivi film) oltre a riproduzioni varie, cimeli e locandine d’antan in colori a pastello. Chi voglia rivivere l’atmosfera della celebre pellicola – tralasciando il percorso in catamarano verso Tetiaroa, dove sbuca l’ex-incantevole rifugio di Marlon Brando (oggi resort da 4 mila euro a notte) – può percorrere due strade.



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    La più ufficiale, ma scontata è una rapida visita alla Cook Bay della vicina Moorea, dove fu girata proprio una delle scene più spettacolari del film con il divo Marlon Brando. L’alternativa invece può essere quella di appostarsi davanti alla primissima casa dell’attore, affittata durante le riprese del film (facile individuarla, con l’aiuto dei locali).



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    Vi abita tuttora Tarita Teriipia: terza moglie conosciuta sul set, oggi pluriottantenne. Deliziosa, regale, ma chiusa in un impenetrabile silenzio. Se anche doveste incontrarla, scordatevi di ricevere qualche sapido gossip sul suo marito da leggenda.



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